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| 30/06/2005

Cina, il Made in Italy comincia a fare denaro

ZEGNA è TRA I MARCHI GIà PROFITTEVOLI IN UN MERCATO DEL LUSSO CHE RAGGIUNGERà A MEDIO TERMINE I 100 MILIONI DI CONSUMATORI. I FRANCESI SONO IN VANTAGGIO, MA VENDONO SOLO ACCESSORI, SECONDO UNA RICERCA MAFED PER ALTAGAMMA

Negli ultimi anni marchi come Zegna, Dunhill e Burberry, entrati nel mercato cinese nei primi anni ’90, hanno raggiunto il punto di pareggio e si avviano a guadagnare denaro.

Si tratta di una buona notizia per un settore, quello del lusso, che sembra ancora guardare alla Cina come un’opportunità solo nel lungo termine. Anche se i piani di ingresso dei brand di tutto il mondo sono molto aggressivi, oggi il mercato del lusso cinese vale come la sola piazza di Milano, ma la fiducia è giustificata dal fatto che il consumo di beni di lusso cresce a un ritmo doppio di quello, già vertiginoso, del prodotto interno lordo.

Un gruppo di ricercatori del Master in fashion, experience e design management (Mafed) della Sda Bocconi, coordinati da Stefania Saviolo, ha recentemente concluso la ricerca Opportunità e modalità d’ingresso in Cina per le imprese Altagamma, commissionato dall’associazione delle imprese italiane dell’alto di gamma.

Risulta che oggi poco meno dell’1% della popolazione può permettersi di acquistare beni di lusso, ma nel giro di un quinquennio si potrebbe passare all’8%, ovvero da 13 a più di 100 milioni di persone.

I forti dazi ai quali sono sottoposti i prodotti di lusso si traducono in un differenziale di prezzo piuttosto marcato (+20% rispetto a Hong Kong, +50% rispetto all’Italia), che non aiuta la loro diffusione. “È per questo che i cinesi si avvicinano, spesso, a questi prodotti durante i viaggi all’estero”, sostiene Saviolo. Già nel 2002 il numero di turisti cinesi all’estero ha superato quello dei giapponesi; nel 2003 ha raggiunto i 20 milioni di persone e l’Organizzazione mondiale del turismo calcola che saranno 100 milioni nel 2020. Le vicine Hong Kong e Macao sono le destinazioni più frequentate, ma l’Italia è ben presente nell’immaginario cinese. È la seconda meta preferita in Europa, mentre Roma, Milano e Venezia sono tre delle sei città più desiderate. Non solo il cinese in cina ma soprattutto il cinese in viaggio rappresenta un target moltopromettente per l’alto di gamma italianoed europeo.

Se al Made in Italy di alta gamma vengono associati valori estremamente positivi, è però problematico, per i cinesi, individuare i marchi effettivamente italiani.

Essendosi mossi prima, i brand francesi sono più consolidati di quelli italiani, ma in Cina finiscono per vendere quasi esclusivamente accessori, lasciando ancora aperti ampi spazi concorrenziali. Il mercato cinese è, però, difficile sia per l’estrema disomogeneità territoriale, sia per la scarsa conoscenza che ancora abbiamo del consumatore cinese del lusso.

“Due aspetti dell’esperienza di Armani fanno capire quanto sia delicato avvicinarsi a questo mercato”, spiega Saviolo. “Nel suo primo negozio a Pechino ha utilizzato un rosso lacca in stile cinese, che è stato rifiutato perché i clienti volevano riconoscere l’Armani in nero e grigio che vedevano nelle riviste o in tv. D’altra parte, non sempre il vissuto di un brand è quello che conosciamo in Europa: solo in Cina uno dei marchi che fanno concorrenza ad Armani è Playboy!”.

La Cina, secondo i ricercatori del Mafed, per gli operatori italiani deve essere il punto di arrivo di una strategia regionale di espansione che passa necessariamente prima dal Giappone e da Hong Kong, considerati dai cinesi mercati trend setter e dove si consolida la notorietà di marca. “Entrare in fretta, prima nelle grandi città e poi nelle capitali provinciali, è fondamentale”, conclude Saviolo. “Più si aspetta e più diminuisce la possibilità di trovare le buone location, che sono fondamentali nel successo distributivo. Oggi chi cerca di entrare nel prestigioso Plaza 66 di Shanghai deve accontentarsi del terzo piano e pagare il triplo di quanto hanno pagato i grandi marchi primi arrivati, che si sono sistemati al primo piano”.

SCHEDA: Le iniziative Bocconi in Cina

Questo approfondimento è collegato al focus Produrre in Cina: una guida per i nuovi Marco Polo

Fabio Todesco

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