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| 30/06/2005

Noi e i cinesi, se li conosciamo non ci evitano

PER FARE AFFARI IN CINA, SECONDO BETTINA GEHRKE, BISOGNA COMPRENDERE LA CONCEZIONE CIRCOLARE DEL TEMPO, IL SIGNIFICATO DEL SILENZIO, L'AVVERSIONE AL CONFLITTO, L'IMPORTANZA DEL CONTESTO NELLA DETERMINAZIONE DEI SIGNIFICATI

Quando un’importante multinazionale presente con una joint venture in Cina, impressionata dalla qualità del suo lavoro, annunciò a tutta l’impresa la promozione del giovane impiegato Chang, portandolo ad esempio di efficienza, non si aspettava di provocare così le sue dimissioni.

“In una cultura collettivista da 4.000 annicome quella cinese non si attribuisce il successo di un lavoro a una sola persona, se non la si vuole mettere in profondo imbarazzo”, spiega Bettina Gehrke, docente di comunicazione interculturale alla Sda Bocconi. “In quel caso, poi, l’iniziativa era stata presa da un manager americano nonostante il parere contrario del capo di Chang che, così, si era sentito in colpa per avere fatto perdere la faccia al suo superiore”.

Se si vuole collaborare con i cinesi, anziché subirne passivamente la concorrenza, li si deve prima di tutto conoscere, “anche perché loro imparano molto velocemente e si avverte già una forte asimmetria, con i cinesi che conoscono molto bene il nostro modo di fare e noi che, invece, ne sappiamo ben poco”.

L’errore più frequentemente compiuto dagli italiani nei rapporti con i cinesi è quello di essere troppo diretti. La cultura cinese evita il conflitto diretto e sollevare critiche esplicite, soprattutto in presenza di terzi, è una manifestazione imperdonabile di insensibilità. Di conseguenza è sbagliato anche attendersi risposte dirette da parte degli interlocutori. Al primo impatto con la cultura cinese i manager italiani definiscono i propri referenti “evasivi”, “indiretti”, “ambigui”, “sfocati”, mentre appartengono solo a una cultura diversa.

“La concezione del tempo cinese è più circolare di quella lineare di noi occidentali”, spiega Gehrke, che alla Sda organizza seminari che aiutano i manager italiani a capire la realtà cinese. “In una negoziazione, per esempio, dopo i primi passi in avanti il cinese cerca il consenso, perciò si ferma, perché ha bisogno tempo per consultarsi con i suoi capi, collaboratori oppure politici. L’occidentale interpreta la pausa come uno stallo e comincia a esercitare pressioni, mentre dovrebbe avere la pazienza di aspettare che l’altro si senta pronto per il passo successivo e riparta”.

Al principio di veridicità, caro agli occidentali, nel corso di una negoziazione il cinese contrappone un principio di mediazione nel contesto. “Il cinese è olista. Ogni attività viene percepita come integrata organicamente al contesto e funzionale agli interessi generali. In una prospettiva così ampia”, prosegue Gehrke, “è difficile che qualcosa possa essere percepito in modo netto come buono o cattivo, bianco o nero. Fluttuando continuamente tra una polarità e l’altra, tra asserzione e negazione, i cinesi cercano di cogliere tutte le potenzialità del reale”. Per familiarizzare con questa visione, Gehrke consiglia spesso ai manager una settimana di lezione di scrittura cinese, nella quale ogni singolo segno del pittogramma cambia di significato a seconda del contesto in cui è inserito.

Per gli italiani, più che per altri popoli, è difficile comprendere e sopportare i silenzi dei cinesi. “Il silenzio può avere significati molteplici a seconda del contesto, ma è comunque significativo e va, quindi, ascoltato”, sostiene ancora Gehrke. “Gli italiani, invece, dopo pochi secondi cercano di riempire, parlando, quello che vivono come un vuoto. L’ideale cinese sarebbe quello di intendersi senza parlare e un detto diffusissimo afferma che ogni calamità deriva dalla bocca”.

Il manager italiano, in definitiva, deve rendersi conto che la Cina è sì un universo composito, nel quale gli interlocutori possono anche essere manager con un Mba americano, che parlano perfettamente l’inglese, ma nelle situazioni di stress emergono gli aspetti più profondi della personalità e della cultura, ovvero una mentalità confuciana ancora osservabile in tutta la sua evidenza al di fuori delle città principali e nelle aziende statali.

SCHEDA: Le iniziative Bocconi in Cina

Questo approfondimento è collegato al focus Produrre in Cina: una guida per i nuovi Marco Polo

Fabio Todesco

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