Info
Foto sezione
Logo Bocconi

Ufficio stampa

Comunicati stampa Egea | 03/11/2006

Attenzione, caduta prezzi. L'effetto Wal-Mart sul mondo

LA FEROCE DETERMINAZIONE A RIDURRE I PREZZI, RISPARMIANDO SUL LAVORO E IMPONENDOSI AI FORNITORI, PUò AVERE EFFETTI DIROMPENTI SE VIENE ESERCITATA DALLA PIù GRANDE IMPRESA DEL PIANETA, RACCONTA CHARLES FISHMAN

 

Charles Fishman
Effetto Wal-Mart
I costi nascosti della convenienza
Milano, Egea, 2006
224 pagine, 20 euro

Anche se sono guidati dalle migliori intenzioni i giganti, quando si muovono, devono fare i conti con le proprie dimensioni. La continua riduzione dei prezzi che Wal-Mart, la più grande catena di distribuzione del mondo, riesce a garantire ai propri clienti comporta effetti collaterali che mettono in allarme l’America e il pianeta intero.

Fondata nel 1962 a Bentonville, nel cuore rurale dell’Arkansas, Wal-Mart, con 1.800.000 dipendenti, è il più grande datore di lavoro del mondo. Con 6.100 centri in 15 paesi, 312,4 miliardi di dollari di vendite nell’anno fiscale 2006 e una feroce determinazione a garantire prezzi bassi tutti i giorni, è l’impresa che più di ogni altra ha contribuito a modificare il volto degli Stati Uniti, le abitudini d’acquisto degli americani e le filiere produttive dei beni che finiscono sui suoi scaffali.

Facendo la spesa da Wal-Mart, calcola Charles Fishman in Effetto Wal-Mart. I costi nascosti della convenienza (Egea, Milano, 2006, 224 pagine, 20 euro), gli americani risparmiano 30 miliardi di dollari l’anno, eppure ogni volta che apre un nuovo supercentro si accende il dibattito sugli effetti che avrà sulla vita dell’area circostante e sull’occupazione: un supercentro può dare lavoro a 500 persone, ma molti punti vendita di dimensioni minori sono costretti a chiudere.

L’effetto Wal-Mart è però molto più ampio e a pagare “l’alto costo dei prezzi bassi” non è solo il vicinato, sostiene Fishman, il giornalista di Fast Company che ha sviluppato il libro a seguito delle furiose reazioni a una sua inchiesta sul tema.

L’autore analizza i pochi studi accademici sull’effetto Wal-Mart, che indicano una leggera riduzione di posti di lavoro e un aumento della povertà nelle zone in cui si insediano i suoi centri, ma segue, soprattutto, la vicenda di chi ha incrociato la strada dell’impresa più potente del mondo.

Cinque dei 10 maggiori fornitori di Wal-Mart nel 1994 sono oggi falliti o sono stati rilevati per evitare il fallimento. La pressione sui fornitori da parte di quello che è quasi invariabilmente il loro primo cliente è tale che la maggior parte di essi è costretta a cedere alle continue richieste di riduzione dei prezzi, beneficiando i clienti di Wal-Mart, ma innescando un processo dalle conseguenze imprevedibili. “Ci stiamo comprando la nostra disoccupazione”, sostiene il presidente di un’industria tessile. All’inizio la riduzione può essere raggiunta grazie a qualche recupero di efficienza e alle economie di scala garantite dal grande cliente, ma è un processo che non può andare avanti all’infinito: quando l’impresa “finisce per dipendere dagli alti volumi garantiti da Wal-Mart come dalla cocaina”, dice un ex imprenditore, vengono inevitabilmente compromesse la qualità del prodotto e il trattamento dei lavoratori e infine viene il turno della delocalizzazione in Cina o della chiusura.

Alcuni dei prezzi di Wal-Mart sono troppo bassi per essere realistici. Per spiegarli Fishman ripercorre la filiera del salmone fino agli allevamenti in Cile e scopre che possono fornire il pesce a quei prezzi solo grazie al totale disinteresse per i danni che apportano all’ambiente. Risale agli impianti tessili che lavorano per Wal-Mart nel Bangladesh e descrive condizioni di lavoro insostenibili.

L’analisi di Fishman è tanto più preziosa per la riservatezza della cultura aziendale di Wal-Mart e per la presa dimostrata su dipendenti e fornitori nel far rispettare la consegna del silenzio. L’autore aggira l’ostacolo affidandosi ad ex manager dell’azienda e a dirigenti in pensione delle imprese fornitrici. Tutti gli altri preferiscono tacere.

Il libro rispecchia l’ambivalenza degli americani per la catena di distribuzione. Wal-Mart non può essere considerata un gigante egoista alla stregua di altre grandi imprese. Anche se viene accusata di sottopagare i lavoratori, il suo profitto di 6.400 dollari per dipendente (Microsoft ne guadagna 200.000) verrebbe totalmente annullato da un aumento dei salari di 3 dollari l’ora. E se, da una parte, finisce inevitabilmente sotto accusa una politica del lavoro che ha portato a migliaia di cause per straordinari non pagati, l’utilizzo di immigrati irregolari e la pratica di chiudere i dipendenti a chiave nei supermercati per avere un maggiore controllo, dall’altra l’autore riconosce il fascino di una cultura aziendale che porta ogni manager a sentirsi parte dell’impresa. Uno di essi (in pensione, naturalmente), per spiegare che cosa li spinga ad arredare gli uffici con le sedie dei campionari dei fornitori e a risparmiare sulle mance durante le trasferte, sostiene: “Puoi dire che Wal-Mart guadagna 10 milioni di dollari l’anno, ma non è il modo di pensare di chi ci lavora. Se spendevi un dollaro, la domanda era: quanti dollari di merce devi vendere per recuperarlo? A noi ne servivano 35”.

ACQUISTA il libro online

Fabio Todesco

E-mail fabio.todesco@unibocconi.it
Barbara Orlando
Responsabile Ufficio Stampa
Universita' Bocconi
Tel. 02.5836.2330
Cell. 335.123.1716
E-mail barbara.orlando@unibocconi.it
http://www.stampa.unibocconi.it
Il portale della ricerca
Il quotidiano online

Eventi

In evidenza

tutti